La nascita dei figli pone la coppia di fronte ad una serie di compiti evolutivi, prima soltanto immaginati, e spesso difficili da gestire da soli, senza difficoltà o problemi.
In questa fase, i genitori devono rappresentare una base sicura per i propri figli, facilitandone la crescita e l’autonomia in una cornice di sicurezza e di sostegno emotivo; come coniugi dovranno continuare a investire sulla coppia, mantenendo i confini chiari tra il sottosistema genitoriale e quello coniugale.
Inoltre, i genitori, nel ruolo di figli, dovranno rinegoziare le relazioni con i propri genitori, costruendo una relazione sempre più paritaria, e coinvolgendoli nella cura dei nipoti.
Possono sorgere degli eventi critici nell’affrontare i compiti evolutivi appena citati; ad esempio, è possibile che la coppia non sappia rinegoziare in maniera funzionale la propria relazione con le famiglie d’origine; i nonni potrebbero entrare prepotentemente a far parte del nucleo familiare, sostituendosi ai genitori nel prendere decisioni rispetto all’educazione e alla gestione dei figli. In questo caso, si parla di “nonni assenti”, facendo riferimento ad una struttura familiare in cui nessuno si assume il ruolo e i compiti che spettano ai nonni.
Secondo i terapeuti familiari strutturalisti, è importante individuare possibili aree di cambiamento e flessibilità nella famiglia e ricondurre la struttura familiare disfunzionale alla normalità. L’intervento del terapeuta avrà l’obiettivo di far sperimentare nuovi modelli relazionali ai componenti della famiglia, il cui effetto andrà a rinforzare la ricerca di nuovi comportamenti, più efficaci per ottenere un cambiamento.
E’possibile, quindi, che il sintomo di un bambino (fobia scolare, ansia, enuresi notturna, balbuzie) retroceda nel momento in cui se ne comprende la funzione all’interno del contesto familiare, generalmente una funzione di protezione rispetto a dinamiche inaccettabili per il bambino a livello emotivo (ad es. il rischio che i genitori si separino, il disagio nel vederli litigare o nel vedere che non parlano tra loro).
Seguendo questa ipotesi, il sintomo avrebbe il potere di spostare l’attenzione dai problemi della coppia a quelli dei figli che presentano una difficoltà. Il bambino ne trae, quindi, un vantaggio secondario, in questo caso, il vedere i propri genitori uniti, anche se attraverso emozioni di preoccupazione e ansia.
Piuttosto che chiedere e reclamare amore e attenzioni, i bambini scelgono altre strade per farsi vedere, strade non sempre comode e sicure. È importante che i genitori colgano i segnali di malessere dei propri figli, provando ad ascoltare la loro voce, soffocata a volte dal sintomo.
È importante rivolgersi ad esperti nel momento in cui si avverte fatica e solitudine nel processo di comprensione e crescita.
Possono verificarsi, lungo il cammino, dei momenti di impasse, in cui è difficile trovare da soli le soluzioni e le alternative possibili.
L’idea, alla base della psicoterapia familiare, è quella di far sperimentare ai genitori nuove soluzioni e di renderli nuovamente capaci di trovarle da soli.
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