Narcisismo patologico e relazioni sentimentali
Narcisismo patologico e relazioni sentimentali
Si sente spesso parlare di narcisismo, come di una forma di egoismo e di indivualismo sempre più diffusa nella popolazione. Quando, però, è corretto utilizzare questo termine in senso clinico e diagnostico?
Il disturbo narcisistico di personalità è caratterizzato da una serie di aspetti di cui il soggetto è poco consapevole: un senso grandioso del proprio sé, difficoltà a coinvolgersi in una relazione dal punto di vista affettivo, mancanza di empatia nei confronti degli altri.
La persona manifesta una forma di egoismo profondo, si circonda di altre persone che possano confermare l’immagine grandiosa di sé o che possano aiutarla a raggiungere i suoi obiettivi. Infatti, si parla spesso di “manipolazione emotiva”: un insieme di azioni volte a modificare la percezione della realtà del proprio interlocutore. In genere, la persona che subisce la manipolazione ha una personalità dipendente ed una scarsa fiducia in se stessa, per cui difficilmente, all’inizio, si accorgerà di essere vittima di manipolazione.
Questa presa di consapevolezza è legata, in un secondo tempo, alla sofferenza derivante dal rapporto con il narcisista, dai comportamenti di svalutazione e di rifiuto che ad un certo punto sopraggiungono all’interno della relazione.
Come si comporta il/la narcisista?
Sentendosi speciale, vuole ricevere ammirazione e si circonda di persone con qualità non comuni, a loro volta considerate speciali.
Mostra atteggiamenti arroganti e non accetta le critiche.
In amore, cerca continuamente conferme da parte del partner, esercitando controllo e manipolazione su di lui/lei. Tende ad avere più partners nel corso della sua vita.
Come nasce un narcisista
La storia familiare del paziente può essere caratterizzata da una forma di trascuratezza emotiva e/o da un’adulazione da parte dei genitori, per soddisfare il loro bisogno di sentirsi importanti attraverso i figli. Essi possono essere esibiti come dei trofei, i loro bisogni educativi possono non essere presi in considerazione. L’educazione può essere priva di regole e di limiti: questo spiegherebbe la difficoltà della persona narcisista nel rispettare i confini nella relazione tra sè e l’altro, la sua pretesa che ciò che desidera debba essere immediatamente soddisfatto ed il suo essere autocentrato.
Se pensiamo al figlio di una madre narcisista, emerge il legame di tipo simbiotico con lei, l’assenza del padre e i tentativi del figlio di poter vivere una vita indipendente da quella della propria madre. Permane una ambivalenza di fondo: da una parte, il figlio è gratificato dal suo essere accudente nei confronti della madre e dal suo sostituire il padre colmando il vuoto che lei sperimenta con il maschile, dall’altra dovrà fare i conti con il timore di essere inglobato dalla madre nella sua realtà intrapsichica e con l’impossibilità di essere se stesso. Da adulto, proverà gratificazione nell’impersonare il ruolo di “salvatore” di donne sole e abbandonate (come percepiva la propria madre), ma al tempo stesso paura che possano trasformarsi da esseri accoglienti a esseri castranti.
Altre situazioni cliniche ci riportano alla presenza di una famiglia eccessivamente severa e in cui i genitori, generalmente il padre, puniva i suoi figli tanto da portare alla identificazione di questi ultimi con lui. Si può parlare, infatti, di narcisismo maligno per definire quella forma di narcisismo caratterizzata da crudeltà e sadismo, propria di personalità psicopatiche.
Il disturbo narcisistico di personalità si può curare attraverso la psicoterapia ad orientamento psicodinamico o sistemico-relazionale.
La persona che presenta sintomi riconducibili a tale quadro diagnostico, può sperimentare sentimenti di depressione e difficoltà relazionali con le persone significative della sua vita. Spesso sarà spinta proprio da questi “altri” a inziare la terapia perchè difficilmente si renderà conto delle sue responsabilità all’interno della relazione, più probabilmente penserà di aver subito qualcosa di ingiusto.